maggioranza degli italiani contraria al nucleare e nuove centrali sarebbero inutili

Gli italiani a larga maggioranza non vogliono il nucleare. Lo dice il Rapporto Italia 2009 dell’Eurispes, reso noto pochi giorni fa.

Eppure a sentire come parlano i nostri governanti, il ritorno al nucleare sembrerebbe assodato, condiviso e pacifico, eppure l’opinione della popolazione deve essere nota ai vari Lunardi e altri politici con forti interessi personali nella realizzazione di costose e inutili opere pubbliche, infatti casomai a qualcuno venisse voglia di protestare, i luoghi scelti per ospitare le centrali saranno presidiati dall’esercito.

L’Eurispes non è un centro di informazione eversiva, ecologista e ambientalista vicina a ambienti anarchici e di sinistra (questa precisazione la ritengo utile per evitare stupidi commenti cui il dibattito politico e i giornalisti e televisioni ci hanno ormai abituato)

Allora cosa di ce l’Eurispes? sostanzialmente due cose:

  1. la maggioranza degli italiani è contraria al nucleare
  2. la costruzione di nuove centrali nucleari sarebbe inutile

la maggioranza degli italiani è contraria al nucleare

Secondo l’Eurispes, solo il 38% degli italiani si dice favorevole al nucleare. Di essi, nota bene, l’8,2% è favorevole solo a patto che le centrali vengano costruite lontane dalla zona di residenza. Contrario all’energia nucleare il 45,7% degli italiani.

Gli anti nuclearisti più convinti sono i giovani dai 25 ai 34 anni (50,3%), tra i 35 e i 44 anni (49,8%) e trai 18-24anni (45,2%), e dato che saranno proprio i giovani a doversi piangere eventualmente le centrali nucleari ritengo che la loro opinione dovrebbe avere più peso rispetto a quella dei vari ultrasettantenni seduti in parlamento.

Ma con quali motivazioni gli italiani hanno espresso il loro parere?

I contrari, temono soprattutto i rischi del nucleare (27,3%), mentre un altro 18,4% ritiene che le centrali nucleari non sarebbero una soluzione rapida per risolvere i problemi connessi all’energia.

I favorevoli, invece, motivano la loro convinzione soprattutto (30,1%) affermando che l’atomo sarebbe una buona soluzione per porre rimedio alla crisi energetica.

Purtroppo devo dire che la ragione in questo caso sta dalla parte dei contrari, mentre i favorevoli hanno una visione troppo ottimistica dei tempi e delle potenzialità del nucleare, infatti a fronte dei vari inconvenienti  dovuti al nucleare (tra cui il raddoppio dei casi di leucemia tra i bambini che vivono vicino alle centrali e l’aumento di questo tumore fino a 50km dalle centrali), i tempi per realizzare il nucleare in Italia sarebbe lungo…

la costruzione di nuove centrali nucleari sarebbe inutile

L’Eurispes ha anche calcolato che per costruire le centrali nucleari all’Italia servirebbero, al netto di problemi e di ”accettazione sociale”, almeno 10 anni e circa 30 miliardi di euro. Questa almeno la stima provvisoria.

Ma almeno il nucleare diminuirebbe la dipendenza dell’Italia dal petrolio di importazione? No, dice l’Eurispes: se ne consumerebbe solo il 4,5% in meno. E un simile risultato si può ottenere investendo nel risparmio energetico somme di gran lunga minori.

E quel 14,9% di energia nucleare che importiamo dalla Francia? Interessante, l’osservazione dell’Eurispes: in Italia non è necessario costruire altre centrali, nucleari o a combustibili fossili che siano. Quelle esistenti hanno una potenza installata pari a 89.800 Mw a fronte di una domanda di picco di 55.600 Mw. Dunque, avanzerebbero addirittura 34.000 Mw. Avanzerebbero: il punto è che attualmente l’utilizzo degli impianto è inferiore al 50%.

Ma almeno il nucleare è economicamente conveniente!!!!!!!!!!!!!!!

Certo, tutto diventa economicamente conveniente quando i sussidi statali sono generosi, e la produzione di energia elettrica da nucleare è uno dei settori più sovvenzionati al mondo

Purtroppo è in corso una campagna mediatica per influenzare l’opinione pubblica a favore del nucleare, ma ognuno può farsi una propria idea ragionando con la propria testa e informandosi di persona, non tramite le opinoni preconfezionate e interessate dei vari “esperti” e opinionisti intervistati in televisione  sui giornali.

Su internet di informazioni sul nucleare se ne trovano abbastanza per farsi una propria idea, sia a favore che contro,  consapevole e non imboccata

fonte: Blogeko

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La produzione di energia elettrica da nucleare è uno dei settori più sovvenzionati al mondo

È soprattutto grazie alle generose elargizioni pubbliche che l’elettricità prodotta dai reattori può rimanere concorrenziale sui mercati dei Paesi industrializzati. Prelevati dalle tasche dei contribuenti, i finanziamenti sono garantiti in tutte le fasi del processo. Il primo, e molto spesso trascurato, ambito è quello della ricerca, dove il nucleare assorbe più di tutte le altre fonti messe insieme. È quanto dimostrano i dati dell’International Energy Agency, secondo cui tra il 1974 e il 2006 gli studi, i progetti e le ricerche sulla tecnologia per la fissione e per la fusione nucleare hanno assorbito il 48,4 per cento delle spese di ricerca per l’energia nei Paesi industrializzati.

Anche se molto spesso celati e difficili da rintracciare, i sussidi sono poi garantiti nel lungo percorso che inizia con la posa della prima pietra e termina nei depositi temporanei di scorie. Si passa dagli investimenti, forniti con prestiti agevolati e protetti da agenzie di stato, al tetto assicurativo in caso di incidente, ridotto a cifre ridicole rispetto al rischio reale; dalla produzione, sussidiata in bolletta, allo smantellamento delle centrali che in molti casi finisce per costare quanto la costruzione e ricadere interamente sulla società. Fase per fase ecco alcuni esempi dei sussidi garantiti nei Paesi industrializzati alle centrali nucleari.

Ricerca Giappone Dei 3,6 miliardi di dollari versati nel 2006 dal governo alla ricerca nel settore energia, 2,2 sono stati destinati al nucleare.
Negli ultimi 20 anni in Giappone il nucleare ha assorbito oltre il 60 per cento della ricerca energetica.
Costruzione Francia Attraverso la COFACE, lo Stato copre i rischi di impresa per la costruzione di centrali all’estero. I circa 2,5 miliardi di euro che la società francese Areva dovrà pagare per i ritardi e gli extra costi nella costruzione del reattore di Olkiluoto in Finlandia, saranno versati dai contribuenti francesi.
Produzione Stati Uniti Lo Us Energy Policy Act, approvato nel 2005, assicura alle nuove centrali un sussidio di 1,8 centesimi di dollaro per ogni kW/h prodotto.
Assicurazione degli impianti Stati Uniti La copertura assicurativa di ogni impianto non deve superare i 300 milioni di dollari. In caso di incidenti più gravi lo Stato si fa carico dei danni. Per i primi due anni di attività l’assicurazione è completamente pagata dallo stato. Friends of the Earth stima che in caso di grave incidente i danni economici possono essere 1000 volte maggiori della copertura assicurata.
Smaltimento delle scorie Italia I fondi per lo smaltimento delle scorie delle ex centrali sono prelevati in bolletta. Tra il 1987 e il 2006 la spesa pubblica è stata di 2,5 miliardi di euro. Nei prossimi 20 anni si stima saranno necessari altri 3,5 miliardi.
Smantellamento delle centrali Gran Bretagna 100 miliardi di euro è l’ultima stima di spesa per lo smantellamento degli impianti britannici. Esborso in gran parte coperto dal governo.

Non esiste nessuna stima complessiva sulle spese nucleari dei Paesi industrializzati. È fuori dubbio però che nel momento in cui il rubinetto dei sussidio dovesse chiudersi gli investimenti nucleari non sarebbero più convenienti.  È quanto accaduto negli Stati Uniti, dove la temporanea diminuzione dei fondi nel corso degli ultimi 30 anni ha congelato i progetti di nuove centrali . Un’attività, quella nucleare, ripresa solo di recente grazie all’approvazione nel 2005 dello Us Energy Policy Act, legge che assicura alle nuove centrali un sussidio di 1,8 centesimi di dollaro per ogni kW/h prodotto, oltre a un ulteriore sussidio di 500 milioni  di dollari per l’assicurazione di ogni nuovo reattore.

Fondi che si vanno a aggiungere alle numerose sovvenzioni previste per leggi e regolamenti specifici. Solo per fare un esempio, uno studio di Earth Track sul terzo reattore in costruzione alla centrale di Calvert Cliffs, nel Maryland, ha individuato sette sussidi diversi per un sostegno complessivo di 8,4 cent a kW/h contro i 3,7 messi dal privato.

Misure di questo tipo sono comuni in molti altri Stati e contribuiscono a mantenere artificialmente basso il prezzo del nucleare, nascondendo i suoi costi reali. Secondo un recente studio pubblicato negli Stati Uniti dalla Keystone, e condiviso dall’industria, senza l’intervento pubblico e a parità di condizioni, l’elettricità di una nuova centrale nucleare è destinata a costare tra gli 8 e gli 11 centesimi di dollaro per kW/h. Il doppio rispetto alla media americana.

fonte: i sussidi che fanno male al pianeta (capitolo 3)

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i moderni profeti di Baal

Per loro la società è migliorabile solamente mediante l’impegno umano; alla De Amicis, per intenderci. Della scienza ne hanno fatto un idolo che adorano fino alle estreme conseguenze. Tramite i mass media, ed in particolare la televisione, diffondono le loro idee. Non hanno mai problemi di spazio; anzi, proprio in molti mass media trovano la cassa di risonanza delle loro idee. Il buonismo, il solidarismo, il pacifismo a senso unico, il garantismo, l’ecologismo (esclusivamente animale, però!), il sincretismo religioso costituiscono i pilastri della loro predicazione. Sono sempre pronti a riconoscere tutte le “libertà” (adulterio, aborto, omosessualità, pedofilia, promiscuità sessuale, ecc.) che la Bibbia considera peccati ed a combattere per il loro riconoscimento, mentre accusano di intolleranza quanti invece esprimono pareri diversi ….e non spendono una parola per riconoscere i diritti dei cattolici!

vorrei analizzare i concetti espressi in queste frasi:

per buonismo l’Associazione Genitori Cattolici intende questo:

l’atteggiamento che va di moda, anche tra i cristiani, è totalmente teso a portare aiuto materiale a tutti indistintamente. Quel che solo conta è offrire il panino ai barboni, l’assistenza sanitaria agli immigrati irregolari, la casa alle coppie gay; permettere l’adozione ai single ed agli omosessuali; eliminare l’ergastolo e concedere licenze speciali anche ai peggiori delinquenti purché si “comportino bene” in galera ecc.

insomma il buonismo è una cosa sbagliata, sebbene nel vangelo di Matteo (Mt, 25: 35-41) Gesù si sia espresso  in questi termini da “buonista”:

Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l`avete fatto a me.

l’attacco al concetto di solidarismo è curioso dato che

è un orientamento essenziale della dottrina sociale della Chiesa cattolica che rifiuta il concetto di lotta di classe, ammettendo e riconoscendo la distinzione degli interessi.

il pacifismo a senso unico è un curioso accostamento di parole, un po’ come “anarco-insurrezionalisti”… il pacifista dovrebbe volere la pace, ma la pace deve essere tra una parte e la relativa controparte…. affinché ci sia la pace però è ovvio che devono essere rimossi i motivi del contrasto…. se i motivi del contrasto non vengono rimossi dalla parte che ne trae profitto a scapito della controparte vengono a mancare le premesse perché ci sia una pace… il pacifista vero quindi, a differenza di quello a senso unico, dovrebbe accettare la pace a qualsiasi condizione, laddove il pacifista a senso unico vuole la pace ma non la schiavitù, l’umiliazione, lo sfruttamento…

il garantismo è

L’insieme delle garanzie previste dalla nostra Costituzione, e da quella di molti altri Stati, a tutela delle libertà individuali e di gruppo (per esempio: libertà di pensiero, di religione, di stampa, di riunione e così via) contro il possibile arbitrio delle autorità. Nell’organizzazione dei processi penali, si intendono tutte quelle garanzie di legalità, cioè il preciso rispetto della legge per quello che si riferisce all’arresto di una persona, all’istruttoria, alla custodia cautelare in carcere, allo svolgimento del processo (diritti della difesa).

purché non lo si usi un maniera impropria per stravolgerlo in impunità de facto, come ormai avviene in Italia per i parlamentari, penso che sia un segno che contraddistingue una società civile

l’ecologismo esclusivamente animale è divertente…. forse viene inteso come l’ecologismo che, pur di salvaguardare l’ambiente, ostacola gli interessi (economici) dell’uomo… oppure nell’associazione non è chiaro che preservare l’ambiente vuol dire preservare la casa che Dio ci ha donato per viverci in questa vita

poco dopo viene riproposto il solito accostamento di abomini di natura sessuale…

non condivido affatto la loro visione peccaminosa dei gusti sessuali che ognuno può avere, eccetto per la pedofilia in quanto implica quasi sempre una violenza perpetrata ai danni di un indifeso

devo constatare però che non tutti gli abomini di natura sessuale sono osteggiati allo stesso modo, infatti contro l’omosessualità è rivolto un interesse e un livore particolare che non vedo manifestarsi nei confronti dell’adulterio.. non parliamo poi della sete di giustizialismo che immediatamente si placa se a macchiarsi del reato (e peccato per chi crede) di pedofilia è un prelato…

infine l’accusa ai “profeti di Baal” di non spendere una parola a favore dei diritti dei cattolici….

un cattolico è tale perché credente nel cristianesimo nella versione professata dalla chiesa cattolica, così come un musulmano sciita è tale perché… e lo stesso per un ebreo ortodosso o per un evangelista….

l’unico diritto che un credente può chiedere è di poter professare la sua fede, senza essere perseguito per il semplice credere in un qualcosa… chiedere che vengano riconosciuti diritti specifici per la propria fede religiosa significa chiedere privilegi che si vogliono per la propria fede religiosa ma che si giudicano immorali quando sono concessi ad altre fedi religiose in altri paesi

se una fede religiosa ha un diritto (esempio finanziamenti alle proprie scuole) non riconosciuto alle altre professioni di fede non si deve parlare di diritto, bensì di privilegio…

il paragrafo è tratto dal sito genitoricattolici, dalla pagina I PROFETI DI BAAL

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qualcuno dirà che abbiamo capito male

Silvio Berlusconi, in una lettera dell’ottobre 2007 indirizzata ai suoi elettori,
per protestare contro il governo Prodi (fonte)

Il 16-17-18 novembre saremo in piazza in migliaia di città

sempre lui, un anno dopo, in risposta alle manifestazioni di piazza contro il suo governo (fonte)

Non si risolvono i problemi andando in piazza a protestare

e tanto per ribadire la nuova linea di pensiero(?) e scongiurare pericolosi assembramenti di pericolosi cittadini, per interposta persona (il ministro Maroni) fa vietare le manifestazioni in tutte le piazze che hanno una chiesa

Comma Maroni, articolo unico: Divieto di manifestazioni davanti ai luoghi di culto

ma rendiamo merito a Berlusconi di questi suoi personali successi

  • esercito nelle strade
  • discariche coperte dal segreto militare e protette dall’esercito
  • inceneritori finanziati con i contributi che paghiamo per o sviluppo delle energie rinnovabili (CIP6) (fonte)
  • Alitalia pagata di tasca nostra e regalata agli amici del presidente del consiglio invece che essere venduta al miglior offerente (fonte)

e poi basta perché la lista diverrebbe lunga a dismisura… e non mi va di rovinarmi l’appetito continuandola

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siamo un popolo di scommettitori

Siamo il primo paese al mondo per spesa procapite nel gioco d’azzardo. Il dato proviene da una ricerca sulle abitudini degli italiani condotta dal Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo) in collaborazione con il Cnca (Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza). Su 1.625 questionari, 1.300 sono stati compilati da giocatori più o meno accaniti, che ammontano quindi all’82 per cento dei cittadini che hanno risposto al sondaggio. Del resto non c’è troppo da stupirsi: con 49 miliardi di fatturato annuo l’impresa dell’azzardo nel 2008 è stata la terza azienda del Belpaese, preceduta solo da Fiat ed Enel.

Il Gratta e Vinci è in assoluto il preferito dagli italiani di tutte le età (35,2%), seguito dal Lotto (24%, soprattutto over 70) e dal Superenalotto (21%). Tra i giovanissimi imperversa l’azzardo online, scelto dal 33 per cento dei ragazzi tra i 10 ed i 19 anni. Ma, indipendentemente dall’età, i veri appassionati amano variare (21,2%) e alcuni, nell’arco di un’unica settimana, arrivano a spendere anche per 5 diversi tipi di gioco. Emergono dall’indagine anche i dati sul problema della dipendenza, che colpisce il 2,75 per cento dei giocatori, ossia quasi un milione e mezzo di persone – contro le 700mila precedentemente ipotizzate. Quando l’azzardo diventa una malattia si arrivano a perdere da 200 a 600 euro al mese. E, soprattutto, si instaura quel circolo vizioso per cui si gioca perché si spera di saldare i debiti accumulati (sebbene l’82 per cento degli appassionati sia cosciente che le le perdite sono più frequenti delle vittorie).

Già segnalato da ricerche analoghe in altri paesi, il binomio apparentemente contraddittorio di gioco d’azzardo e recessione economica in Italia trova ampie conferme. Come si conferma il fatto che a scommettere è soprattutto chi ha meno disponibilità economica. Le fasce estreme dei pensionati e dei giovanissimi, invece, nell’azzardo vedono soprattutto un diversivo eccitante, per ingannare il tempo.

fonte: galileonet.it

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De Magistris non può avere ragione

e se avesse ragione De Magistris?

De Magistris non può avere ragione.

E chiunque informi, non chiunque stia con De Magistris, chiunque informi o si occupi di De Magistris senza massacrarlo pregiudizialmente, deve essere cacciato.

  • Viene cacciato il Vescovo Bregantini perché denuncia certi malaffari tra politica e malavita.
  • Viene esautorato il Pubblico Ministero De Magistris, gli tolgono le inchieste, poi tolgono lui.
  • Tolgono i suoi consulenti, uno dopo l’altro.
  • Cacciano il Carabiniere, il capitano Zaccheo, che viene trasferito in Abruzzo.
  • Cacciano la Forleo che ha avuto il coraggio di andare in televisione a difendere De Magistris.
  • Il Corriere della Sera non fa più scrivere sul caso De Magistris Carlo Vulpio, che ci aveva dedicato pure un libro e che quindi qualcosa ne capiva.
  • I magistrati di Salerno scoprono che De Magistris potrebbe avere ragione e trovano i riscontri alle sue denunce e vogliono cacciare pure i magistrati di Salerno.

Adesso vedremo se cacceranno i tre giudici del Riesame che hanno appena valutato come doverosa e corretta la condotta tenuta dai magistrati di Salerno, ma naturalmente per cacciarli bisognerebbe prima parlarne di questa ordinanza.
E di questa ordinanza nessuno ne ha parlato, perché altrimenti immediatamente il CSM dovrebbe rispondere del perché stia accettando di esaminare la possibilità di mandar via dei magistrati a Salerno per via di un provvedimento che l’unica sede legittima per valutarlo, il Riesame, ha confermato in toto stabilendo che è fondato e impeccabile.

tratto da: dieci piccoli indiani di Marco Travaglio

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propaganda invece di giornalismo

Quasi settant’anni fa, nel corso della seconda guerra mondiale, nella città di Leningrado fu commesso un crimine efferato. Per più di 70 giorni, una banda di estremisti chiamata «Armata rossa» tenne in ostaggio milioni di abitanti di quella città e, così facendo, provocò la rappresaglia della Wehrmacht tedesca dall’interno. I tedeschi non ebbero altra alternativa, se non bombardare la popolazione e imporre un blocco totale causando la morte di centinaia di migliaia di persone. Un po’ di tempo prima, un crimine simile era stato commesso in Inghilterra. La banda di Churchill si era nascosta tra la popolazione londinese, sfruttando milioni di cittadini come scudi umani. I tedeschi furono costretti a inviare la Luftwaffe e, sebbene con riluttanza, a ridurre la città in rovine. Lo chiamarono il Blitz.

Questa è la descrizione che apparirebbe oggi nei libri di storia – se i tedeschi avessero vinto la guerra. Assurdo? Non più delle quotidiane descrizioni nei nostri media, che si ripetono fino alla nausea: i terroristi di Hamas usano gli abitanti di Gaza come «ostaggi» e sfruttano le donne e i bambini come «scudi umani». Non ci lasciano altra alternativa se non i bombardamenti massicci nei quali, con nostro profondo dolore, migliaia di donne, bambini e uomini disarmati vengono uccisi o feriti.

In questa guerra, come in qualunque guerra moderna, la propaganda gioca un ruolo fondamentale. La disparità tra le forze, tra l’esercito israeliano – con i suoi caccia, elicotteri da combattimento, aerei teleguidati, navi da guerra, artiglieria e tank – e le poche migliaia di combattenti di Hamas dotati di armi leggere, è di uno su mille, forse uno su un milione. Nell’arena politica il gap tra loro è ancora più ampio. Ma nella guerra di propaganda, il gap è quasi infinito. Quasi tutti i media occidentali inizialmente ripetevano la versione ufficiale della propaganda israeliana. Essi ignoravano quasi del tutto le ragioni dei palestinesi, per non parlare delle dimostrazioni quotidiane del campo della pace israeliano. La logica del governo israeliano («Lo stato deve difendere i suoi cittadini contro i razzi Qassam») è stata accettata come se quella fosse tutta la verità. L’altro punto di vista, per cui i Qassam sono una rappresaglia per l’assedio che affama il milione e mezzo di abitanti della Striscia di Gaza, non è stato riportato affatto. Solo quando le scene orribili provenienti da Gaza hanno cominciato ad apparire sui teleschermi occidentali, l’opinione pubblica mondiale ha gradualmente iniziato a cambiare.
È vero, i canali televisivi occidentali e israeliani hanno mostrato solo una piccolissima frazione dei terribili eventi che appaiono 24 ore su 24 sul canale arabo al Jazeera, ma una sola immagine di un bimbo morto nelle braccia del padre terrorizzato è più potente di mille frasi elegantemente costruite dal portavoce dell’esercito israeliano. E alla fine, è decisiva.

La guerra – ogni guerra – è il regno delle menzogne. Che si chiami propaganda o guerra psicologica, tutti accettano l’idea che sia giusto mentire per un paese. Chiunque dica la verità rischia di essere bollato come traditore. Il problema è che la propaganda è convincente per lo stesso propagandista. E dopo che ci si è convinti che una bugia è verità, e la falsificazione realtà, non si riesce più a prendere decisioni razionali.
Un esempio di questo fenomeno riguarda quella che finora è stata la atrocità più scioccante di questa guerra: il bombardamento della scuola dell’Onu Fakhura, nel campo profughi di Jabaliya. Immediatamente dopo che esso era stato conosciuto in tutto il mondo, l’esercito ha «rivelato» che i combattenti di Hamas avevano sparato con i mortai da un punto vicino l’ingresso della scuola. Poco tempo dopo, il militare che aveva mentito ha dovuto ammettere che la foto aveva più di un anno. In breve: una falsificazione. In seguito l’ufficiale bugiardo ha affermato che avevano «sparato ai nostri soldati da dentro la scuola». Dopo appena un giorno, l’esercito ha dovuto ammettere dinanzi al personale Onu che anche quella era una menzogna. Nessuno aveva sparato da dentro la scuola; nella scuola non c’erano combattenti di Hamas: era piena di profughi terrorizzati. Ma l’ammissione ormai non faceva quasi più differenza. A quel punto, il pubblico israeliano era totalmente convinto che avessero «sparato da dentro la scuola», e gli annunciatori tv lo hanno affermato come un semplice fatto.

Lo stesso è accaduto con le altre atrocità. Nell’atto della morte, ogni bambino si trasformava in un terrorista di Hamas. Ogni moschea bombardata diventava istantaneamente una base di Hamas, ogni palazzina un deposito di armi, ogni scuola una postazione terroristica, ogni edificio dell’amministrazione pubblica un «simbolo del potere di Hamas». Così l’esercito israeliano manteneva la sua purezza di «esercito più morale del mondo». La verità è che le atrocità sono un risultato diretto del piano di guerra. Questo riflette la personalità di Ehud Barak – un uomo il cui modo di pensare e le cui azioni sono una chiara esemplificazione di quella che viene chiamata «follia morale», un disturbo sociopatico. Il vero scopo (a parte quello di farsi eleggere alle prossime elezioni) è porre fine al governo di Hamas nella Striscia di Gaza. Nell’immaginazione di chi ha pianificato la guerra, Hamas è un invasore che ha ottenuto il controllo di un paese straniero. Naturalmente la realtà è completamente diversa. Il movimento di Hamas ha ottenuto la maggioranza dei voti nelle elezioni democratiche che si sono svolte in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza. Ha vinto perché i palestinesi erano giunti alla conclusione che l’atteggiamento pacifico di Fatah non avesse ottenuto nulla da Israele – né un congelamento degli insediamenti, né il rilascio dei prigionieri, né un qualunque passo significativo verso la fine dell’occupazione e la creazione dello stato palestinese. Hamas è profondamente radicato nella popolazione – non solo come movimento di resistenza che combatte l’occupante, come l’Irgun e il Gruppo Stern in passato – ma anche come organismo politico e religioso che fornisce servizi sociali, scuola e sanità. Dal punto di vista della popolazione, i combattenti di Hamas non sono un organismo straniero, ma figli di ogni famiglia della Striscia e delle altre regioni palestinesi. Essi non si «nascondono dietro la popolazione»: la popolazione li vede come i suoi unici difensori. Perciò, l’intera operazione si basa su presupposti errati. Trasformare la vita in un inferno sulla terra non fa insorgere la popolazione contro Hamas ma, al contrario, essa si stringe dietro Hamas e rafforza la propria determinazione a non arrendersi. La popolazione di Leningrado non si sollevò contro Stalin, più di quanto i londinesi non si sollevarono contro Churchill.

tratto dal blog di Sabina Guzzanti

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Berlusconi si fa la campagna elettorale spendendo i soldi pubblici

invece di lavorare per risolvere i problemi degli italiani, Silvio Berlusconi spende il suo tempo e i nostri soldi in Sardegna per la campagna elettorale per l’elezione del nuovo presidente regionale.

Spende il suo tempo per il quale da noi è pagato per perorare la causa del suo uomo in Sardegna, spende i nostri soldi per andare in Sardegna perché ci va ovviamente in qualità di presidente del consiglio, quindi con auto blu, elicotteri e/o aerei di stato, scorte e spese per soggiornare e mangiare e…. tutto in qualità di presidente del consiglio

La Corte dei Conti non ha nulla da dire? E la Corte Costituzionale? E Morfeo Napolitano non monita? Brunetta, così attento e feroce con l’assenteismo dei dipendenti pubblici, lo sa che il suo capo non si presenta mai alla Camera e usa le pubbliche finanze per fare il piazzista? Ne proporrà il licenziamento? – dal blog di Beppe Grillo

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Lavorare per passione

di Giorgio Fontana

Un paio di mesi fa, sono andato alla libreria Hoepli per un colloquio di lavoro. Il direttore mi ha spiegato che stavano cercando alcune persone per uno stage di sei mesi, 400 euro al mese.
“E poi?”, ho chiesto.
E poi, uno fra questi quattro o cinque stagisti, il più bravo e meritevole, avrebbe forse avuto l’occasione di entrare come commesso a tutti gli effetti – a tempo determinato, s’intende.
“Lo trovo assurdo”, ho detto. “Non servono sei mesi di stage per formare un libraio. Inoltre io ho già fatto il libraio.”
“E crede di sapere tutto al riguardo?”
“No, certo che no, ma ero in gamba. E ripeto, non mi pare siano necessari sei mesi per farmi imparare tutto al riguardo. Lei crede siano necessari?”
“Qui teniamo molto alla qualità. Ed evidentemente si tratta di un sacrificio da fare anche per passione. Vendere libri è anche un discorso di passione.”
“No, guardi, il discorso sulla passione non è cosa. Vendere libri è innanzitutto un mestiere, e i mestieri vanno retribuiti.”
“No, mi fraintende. Volevo dire che è un lavoro difficile e bisogna stare attenti nel valutare un libraio, nel formarlo, e così via.”
“Non lo metto in dubbio. Ma lei crede che siano necessari sei mesi? Con l’alta probabilità, in seguito, di rimanere con niente in tasca? Senza alcuna prospettiva?”
“No, forse sei mesi no. Ma non posso farci niente. Queste sono le direttive dall’alto. Fosse per me, assumerei tutti.”
“Certo. Non si preoccupi. Comunque la cosa non mi interessa.”

Una settimana dopo vengo contattato da una signora della casa editrice. Mi spiega che anche lei vorrebbe vedermi per un colloquio. Le dico di nuovo che non mi interessa, che trovo orribile questa politica eccetera. Mi dice che non è per uno stage. Torno alla Hoepli. La signora è gentile; mi spiega che la Hoepli è a conduzione famigliare, molto conservatrice, all’antica eccetera. Mi chiede cosa ho fatto eccetera. Le dico dei miei libri. Lei annuisce interessata. Le dico che da un paio di mesi mi pago da vivere con gli anticipi, ma presto i soldi finiranno. Cerco lavoro eccetera. Le solite cose.
Quando si arriva al dunque, però, salta fuori che invece la proposta della Hoepli è sempre di uno stage in libreria, sei mesi e così via.
“Però posso provare ad alzarle un po’ il rimborso”, dice la signora.
“No, guardi”, dico. “Non ci siamo capiti. Non è questione di cento euro in più o in meno, è questione che con quei soldi uno non campa, e non può far finta di non campare per sei mesi. Posso ancora accettarlo se si tratta di un neolaureato, se si tratta di uno stage a inserimento, se si tratta di un mestiere da imparare. Ma io mi sono laureato tre anni fa, questo stage non dà alcuna prospettiva, e trovo assurdo far finta che ci vogliano sei mesi per formare un commesso di libreria. Senza contare che io ho già fatto il commesso di libreria.”
“E allora uno cosa deve fare? Assumere tutti a tempo indeterminato? Sa, quando prima si faceva così ci sono capitate certe mele marce che ora non possiamo più mandare via.”
“Forse dovevate fare più attenzione al momento di assumerle.”
“Be’, sia come sia, le condizioni sono queste.”
“E io avevo già spiegato al suo collega che non mi interessano. E’ solo un modo per mascherare la necessità di un rinforzo durante il periodo natalizio. Un rinforzo a basso prezzo e senza alcuna garanzia, per la precisione.”
“Ma scusi, secondo lei con quanto campa uno a Milano?”
“Campare? Be’, pagandosi giusto affitto, cibo e bollette, e qualche birra ogni tanto, direi che con 800 euro al mese uno può campare. Ma campare davvero allo stato basico.”
“Eh, no, 800 euro non glieli posso mica dare! E poi scusi, lei non mi ha detto che adesso ha da parte gli anticipi dei suoi libri? Combinandoli con lo stage potrebbe arrivare a quella cifra, no?”
A questo punto non ci vedo più.
“Scusi, ma stiamo scherzando? Uno che lavora deve avere dei soldi da parte per integrare un rimborso spese? Il lavoro lo diamo solo a chi ha la possibilità di mantenersi al di là di quel lavoro? Magari con scuse come la passione o simili?”
“Fare il libraio è una questione di passione.”
“Guardi, davvero. Non mi interessa. Arrivederci.”

Ecco. Secondo me, queste cose vanno raccontate. Almeno una volta ogni tanto, per ricordarci come funziona.
Tutte le volte che sentirete parlare di “passione”, sappiate che stanno cercando di fregarvi. Il lavoro è lavoro, ed è questo il punto più grave di tutto il blabla del precariato è così via: si sta perdendo la dignità del lavoro. Mio nonno faceva il meccanico, ed era la sua grande passione: fare il meccanico lo divertiva. Un uomo fortunato. Ma non per questo non si faceva pagare.
Io credo che fra un meccanico, un venditore di libri e uno scrittore, per molti versi non ci sia alcuna differenza. Sono lavori. E il lavoro, per definizione, va pagato in termini onesti. Se vi sembra una banalità, be’, purtroppo non lo è più.

fonte: il primo amore

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ipocrisia

Da qualche tempo i cosiddetti liberali della destra del conflitto di interessi non perdono occasione per chiedere la testa di questo o quel conduttore sgradito al capo supremo. Una volta chiedono la testa di Fabio Fazio perchè ha osato dare la parola al papà di Eluana Englaro, un’altra volta berciano contro Lucarelli che si è occupato della mafia e dei suoi protettori, un’altra volta urlano contro Santoro per non aver garantito il diritto al contraddittorio… Magari si dimenticano di dire che, pur invitati, hanno preferito non mettere piede nelle trasmissioni dove le domande non si concordano prima e dove le risposte bisogna saperle dare.

Quelli che chiedono la testa dei giornalisti sgraditi e invocano il diritto al contraddittorio non hanno ritenuto, invece, di far sentire la propria voce al termine della elegiaca puntata dedicata da Bruno Vespa a Giulio Andreotti. Alla trasmissione hanno partecipato, tra gli altri, il presidente Cossiga, il presidente Casini, il presidente Pisanu, e tanto per non sbagliare, anche la presidente della commisione giustizia della camera, nonchè avvocato di Giulio Andreotti, Giulia Bongiorno, con loro anche Emanuele Macaluso e il giornalista del Corriere Massimo Franco.

Nel corso della puntata dedicata al “divo Giulio” non sono mancati i prevedibili attacchi ai giudici di Palermo, a Giancarlo Caselli, indicati come i responsabili di ogni male, persone indegne di portare le toghe… ci mancava solo che qualcuno invitasse i cittadini a prenderli a calci nel sedere. Per l’ennesima volta si è parlato della completa assoluzione di Andreotti, di demolizione dell’impianto dell’accusa.

Un turista avrebbe pensato di trovarsi di fronte un santo scampato ad un complotto di un gruppo di forsennati, forse di terroristi. Nè al conduttore, nè agli altri ospiti è venuto in mente di ricordare che sia la Corte d’appello sia la Cassazione hanno scritto pagine inquietanti sul rapporto tra mafia e poltica e sullo stesso Andreotti. Nessuno ha ricordato che il presidente Andreotti medesimo ha ritenuto di avvalersi della prescrizione per alcuni dei reati contestati, a nessuno è venuto in mente che in qualsiasi altro paese la descrizione dei rapporti tra poltica e mafia, prima del 1980, avrebbero assunto il sapore di una pietra tombale sulla futura attività politica.
A nessuno è venuto in mente di ricordare che Giancarlo Caselli e i suoi collaboratori erano stati in prima linea contro il terrorismo e contro la criminalità. Quando molti scappavano, furono quei magistrati ad accettare la sfida e a rappresentare la parte migliore dello stato.

In ogni caso, al di là di simili considerazioni che si possono condividere o meno, resta la domanda: perchè non è stato previsto un contraddittorio? Perchè non si è pensato di dare la parola a quei giudici e al giudice Caselli? Perchè i censori dei Fazio e dei Santoro non hanno aperto bocca? Perchè il massacro dela dignità di Giancarlo Caselli e di tanti altri servitori dello stato deve, invece, essere accettata in silenzio, senza la minima reazione?

fonte: contraddittorio si, contraddittorio no

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